Supplement: un'introduzione per tutti
Perché dovreste leggerlo
Domanda interessante: perché dovreste leggere un manga di cui non si sa se in Italia vedremo mai la conclusione? Purtroppo questo josei ha avuto una sorte abbastanza triste una volta esportato all'estero: in Italia, l'ultimo volume uscito è il n.8 e risale alla fine del 2017. In modo simile, anche la Tokyopop americana ha tradotto il manga per poi falciarlo a metà, al volume n.5 — fra l'altro hanno combinato una cosa stranissima: dopo un lunga pausa in seguito all'uscita del volume n.3, hanno pubblicato il n.4 e il n.5 accorpandoli in un unico grosso volume, sulla cui copertina si trova proprio la dicitura "4 + 5"... Vien da pensare che, al confronto, forse i nostri editori non sono così sciagurati come a volte pensiamo.Questo manga è da leggere non solo perché magari poi possiamo fare tutti insieme una bella petizione per spingere i piani alti a completarlo (you may say I'm a dreamer, but I'm not the only one ♪), ma anche perché si tratta di una storia in cui qualsiasi giovane lavoratrice alle prese con la carriera e alla ricerca di una stabilità sentimentale può ritrovarsi. Suppli è la storia di Minami Fujii, una donna di ventisette anni che lavora in un'agenzia pubblicitaria e che vorrebbe una romantica storia d'amore ma fatica a trovarla; ma è anche la storia delle altre donne dell'agenzia, tutte accomunate dalla ricerca di una ragione di essere all'interno di una società giapponese in cui ancora la donna lavoratrice stenta ad affermarsi e a vedere un futuro di fronte a sé. Che dite, vi suona familiare?
Dettagli
Titolo: Suppli (サプリ)Autrice: Mari OKAZAKI
Anno: 2003 — 2009
Serializzazione originale: Feel Young, Shodensha
Volumi: 10 (57 capitoli)
Dove leggerlo
Edito in Italia da Goen / RW Edizioni. La pubblicazione è sospesa dal 2017, ma nella primavera del 2021 è stata annunciata una possibile ripresa.Supplement: appunti di lettura
Ma che bel disegno! Che cos'è?
Ah ma- insomma, cioè, per prima cosa non si dovrebbe parlare della storia? Partiamo subito con il commento ai disegni? Ebbene sì! Perché la primissima cosa che mi ha intrigata e mi ha spinta all'acquisto di questo manga sono stati proprio i disegni: non posso farci niente, le copertine graficamente belle esercitano su di me un fascino irresistibile. Credo che la precedente carriera di Mari Okazaki all'interno di un'agenzia pubblicitaria abbia plasmato in qualche modo anche il suo stile da mangaka; infatti considero i suoi disegni più interessanti "graficamente" che non "artisticamente".Le copertine dell'edizione giapponese sono più pregiate e sono ancora più belle. Sulla prima di copertina è stampato lo stesso disegno presente nell'edizione italiana, e il volumetto è poi avvolto da una sovraccoperta trasparente opaca, anch'essa stampata: vi è infatti una texture si sovrappone in modo armonioso al disegno sottostante, creando una composizione su più livelli.
Anche i layout delle pagine interne sono molto ricercati. La costruzione delle tavole è dinamica e ci sono in particolare alcune doppie pagine che mi piacciono un sacco: consistono in una sorta di composizione di tanti tassellini, che insieme vanno a formare quella che è la scena. Un'altra peculiarità che mi piace molto, e che è spesso presente in queste particolari doppie pagine, è l'uso seriale di alcune texture simboliche, usate in modo ricorrente a seconda dell'atmosfera e dello stato d'animo del personaggio.
I disegni di Mari Okazaki sono molto più precisi e dettagliati rispetto a quelli degli josei che sono abituata a leggere, e una dote non secondaria dell'autrice è riuscire a disegnare dei volti sempre espressivi. A volte esagera un po' con le lacrime, è vero, e a volte le pagine risultano un po' soffocanti (l'abuso dei retini colpisce ancora), ma nel complesso tutto mi piace molto.
Se solo un creativo potesse limitarsi a fare il proprio lavoro...
Se il disegno è stato ciò che in un primo momento mi ha avvicinata, quel che poi mi ha trattenuta è stata la particolarissima rappresentazione della storia; di per sé non brilla per l'originalità, ma è raccontata con un realismo che fin da principio ho trovato tremendamente spiazzante, e a cui ho faticato ad abituarmi. Detta così suona forse come una banalità, dal momento che il maggior realismo è una caratteristica tipica degli josei; ma questa autrice riesce ad essere cruda come nessun'altro con cui mi sono confrontata fino ad ora. E non cruda in senso drammatico, cruda nel senso che tutto è così com'è, privo di filtri e fronzoli.Non credo sia saggio spendere parole sulla morale della storia prima di aver letto il finale, ma per spiegare meglio cosa intendo quando parlo di realismo vorrei focalizzarmi su un aspetto specifico di Supplement, ovvero l'ambientazione all'interno di una grande agenzia pubblicitaria. Inizialmente ero entusiasta perché speravo che la protagonista venisse caratterizzata in modo un po' caricaturale, che fosse eccentrica e ingegnosa come si pensa che un creativo dovrebbe essere; ma, nonostante all'inizio del primo volume venga prontamente e apertamente dichiarato che le ambizioni di Fuji sono di natura creativa ("un giorno anch'io vorrei riuscire a far commuovere e a stupire la gente"), non è questo ciò che viene successivamente mostrato. In questa sede Okazaki è realista in un modo disarmante, perché mostra l'ambiente dell'agenzia così com'è, togliendo quell'intrigante velo di creatività che uno, un po' romanticamente, si immagina.
La verità è che la parte in cui si crea è solo una briciola all'interno della grande macchina: Fuji passa le sue giornate lavorative a correre freneticamente da una parte all'altra, e solo quando è a casa la si vede seduta alla scrivania intenta a produrre ‐ cioè, per inciso, a fare il suo "vero" lavoro. C'è un solo momento specifico in cui anche dentro le mura dell'agenzia si percepisce un'atmosfera di feconda creatività ("uno scontro di cervelli"), ed è quando fa la sua comparsa il personaggio di Koetsu per la prima volta. Ma è solo un attimo, il resto del tempo non c'è altro che una quantità infinita di panni sporchi da lavare.
"Devo mandare giù tante cose. Far finta di non vederle. Stare in piedi. E per quanto sia brutto e disdicevole... Devo continuare ad abbassare la testa. È lavorando in questo modo che guadagno i miei soldi."
È così che funziona in tutto il mondo, ma negli uffici del Giappone questo aspetto dev'essere amplificato; in un Paese in cui il servilismo verso il cliente è la regola e in cui esprimere la propria opinione in modo troppo diretto è disdicevole, i processi decisionali sul luogo di lavoro devono essere di una lentezza e difficoltà estenuanti.
E perciò? Considerazioni finali!
Il contesto lavorativo è ben rappresentato non solo attraverso le dinamiche prettamente lavorative, ma si parla molto anche di dinamiche interpersonali fra colleghi, spesso particolarmente controverse all'interno del settore ("Un ferreo principio della ditta è che qualunque cosa succeda, il giorno dopo bisogna mostrarsi disinvolti"); e poi si parla del lavoro in quanto tale, in quanto parte integrante della propria vita, una parte che però si espande a macchia d'olio, soprattutto quando manca tutto il resto, fino a diventare la ragione di vita stessa. Ed è allora che si fanno strada i dubbi e la frustrazione. Credo che siano sentimenti in cui si possono ritrovare soprattutto le persone che svolgono una professione creativa, perché, per svolgerla, oltre alla propria professionalità ci devono mettere anche qualcosa di più personale... La propria soggettività, le proprie idee, una parte del proprio essere."Che cos'è il lavoro? C'è il lavoro in cui va tutto bene, e il lavoro in cui va tutto storto... Tanto, lo stipendio è lo stesso. Ma è giusto così? Eppure lo stipendio non dovrebbe essere un premio di consolazione. Ho l'impressione di aver gradualmente smarrito la ragione per cui lo ricevo."
Il grande altro tema di Supplement è il lavoro così come viene percepito dalle donne. Ho fatto più fatica a comprendere questa tematica perché, sinceramente, finora non mi ero mai trovata a ragionare così come fanno le donne protagoniste del manga; forse per una questione di età o forse perché, dopotutto, la società dipinta da Okazaki è quella giapponese, in cui fino a poco tempo fa andava da sé che la donna terminasse la propria carriera con l'arrivo del matrimonio — e quindi capiamo perché queste donne non ci tengano poi tanto a quello che fanno, tanto si tratta solo di un impiego temporaneo, no? Ma questo discorso inizia già ad spingersi verso il grande tema del mondo femminile, e perciò per il momento ne rimando la continuazione a quando riuscirò a leggere il finale dell'opera.
Nessun commento:
Posta un commento